Sproporzione terapeutica
Può essere definito “futile” un trattamento che non abbia nessuna ragionevole probabilità di ottenere un effetto che la persona malata possa percepire come un beneficio. Una cura è “proporzionata”, e quindi legittima ed eticamente lecita, se oltre ad essere clinicamente appropriata è accettata consapevolmente dalla persona malata o, nel caso essa non sia più cosciente, si inserisca coerentemente nel progetto di vita della persona stessa, per quanto sia possibile ricostruirlo. L’appropriatezza clinica risponde alla ragionevole probabilità che il trattamento, in quella determinata persona, possa raggiungere l’obiettivo modificando positivamente la prognosi e prevedendo una prospettiva ragionevole di recupero. L’accettazione da parte del paziente risponde invece alla sua personale valutazione della qualità del possibile recupero, definita dal rapporto tra benefici e oneri psico-fisici che da quel trattamento, ancorché clinicamente appropriato, potranno derivare. Ogni trattamento clinicamente non appropriato o non accettato da una persona - e quindi non proporzionato - non deve essere iniziato, o deve essere sospeso con modalità tali da rispettare la dignità della persona e la sensibilità dei suoi familiari.
In situazioni di emergenza-urgenza nelle quali non sia possibile ottenere il consenso informato del paziente e/o non si sia a conoscenza di DAT e/o non si possiedano tutti gli elementi clinici necessari alla formulazione di una ragionevole prognosi, il medico procederà ai trattamenti intensivi appropriati, rinviando a una fase successiva la verifica sulla correttezza della loro prosecuzione (valutazione della proporzionalità e della consensualità).
Nell’impossibilità di ottenere il consenso informato dalla persona malata, allorquando questa si trovi in condizione di “incapacità mentale” (grave cerebro-lesione acquisita, delirium, sedazione, coma, ecc.), il medico farà riferimento alle DAT o al fiduciario o all’amministratore di sostegno (con delega per le decisioni in ambito di salute) o ancora al tutore legale, ove presenti. In assenza di DAT o di tali figure di riferimento il medico cercherà di ricostruire la volontà della persona attraverso la testimonianza dei familiari, ponendo la massima attenzione a non “delegare” loro il peso delle decisioni da prendere.
Non esistono differenze morali tra il non iniziare un trattamento sproporzionato e il sospenderlo; si può avvertire invece una differenza sul piano emotivo o psicologico, soprattutto per quanto concerne quelle situazioni in cui la morte del paziente possa sopraggiungere rapidamente in seguito alla sospensione del trattamento.
- L. Riccioni, M.T. Busca, L. Busatta, L. Orsi, G.R. Gristina, La limitazione dei trattamenti: una forma di eutanasia? Un approccio scientifico al dibattito sulle decisioni alla fine della vita, In Recenti Progressi in Medicina, 2016;107(3):127-139.
- Legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di Disposizioni Anticipate di Trattamento” (G.U. Serie Generale n.12 del 16 gennaio 2018)