C'è ancora un pezzo di vita da scrivere
Costruiamo e comunichiamo la città delle Cure Palliative: intervista a Marco Alberto Donadoni

Ai nostri giorni c'è molta attenzione sulle tematiche relative alle fake news e, più in generale, alla corretta informazione. Le Cure Palliative non fanno eccezione: ancora troppo spesso infatti argomenti delicati come quelli relativi alle malattie inguaribili vengono comunicati in maniera fuorviante o inesatta e di conseguenza percepiti in maniera scorretta da chi ricerchi informazioni a riguardo.

 

Da questa considerazione di fondo nasce il progetto "Costruiamo e comunichiamo la città delle Cure Palliative", un workshop che si è tenuto lo scorso 17 maggio durante i lavori dell' ultima Assemblea della Federazione Cure Palliative.

 

L'idea era quella di mettere a fattore comune l'esperienza delle 93 associazioni che compongono la FCP, dando forma reale alle rappresentazioni dei concetti (e spesso preconcetti) legati alle CP con cui i volontari quotidianamente si confrontano.

Si tratta quindi di creare un plastico di cartone, dove ogni gruppo deve costruire un palazzo che rappresenti la percezione corretta ed uno per quella scorretta del tema. Il risultato finale è quindi una galleria metaforica di valori positivi e parole chiave legati alle CP da un lato, e di falsi miti e fake news da sfatare dall'altro.
Il progetto di questo workshop è stato creato e gestito durante la sessione da Marco Alberto Donadoni, docente in change management in percorso MBA presso il CUOA di Vicenza e formatore certificato AIF sin dal 1990. Nell’ ambito della formazione esperienziale in oltre 20 anni ha visto passare nelle sue aule oltre 10000 persone, creando giochi d'aula e attività di formazione indoor e outoor per grandi aziende oltre che per diverse associazioni di volontariato e onlus.

Per approfondire l'idea che sta alla base di questo progetto gli abbiamo fatto qualche domanda:

 

- Partiamo dall'inizio: che cos' è "La Città delle Cure Palliative"?

Diciamo, volendo usare un temine tecnico abusato, che è un workshop in cui si stimolano le persone a considerare in modo aperto e attraverso un ambito metaforico quel concetto di cure palliative da troppi punti di vista e utenti considerate in modo quanto meno poco corretto.
Uno strumento per analizzare in libertà le informazioni corrette e scorrette esistenti. Un modo per approfondire come gli addetti ai lavori, nel volontariato e/o comunque nelle strutture collegate a questo mondo di Cure Palliative attraverso la Federazione, registrino come queste informazioni siano considerate e percepite dalla gente comune. Soprattutto quella gente che non ha avuto un contatto diretto con le CP e che spesso ha una gran paura di averlo proprio per scarsa o errata conoscenza del tema.
- Quale obiettivo si proponeva questo workshop?

Se si va sempre per la stessa strada si arriva sempre alla stessa meta. L’obiettivo era quello di sperimentarne una diversa, magari imprevista dai partecipanti, per costruire una nuova visione di comunicazione efficace sul tema. Non si deve essere necessariamente seriosi per poter affrontare con successo argomenti anche difficili, tipo quello del malato inguaribile: basta essere seri. Abbiamo quindi chiesto ai partecipanti, divisi in sottogruppi di lavoro, di visualizzare aspetti essenziali della “percezione percepita” delle CP. E poi di tradurla - come nel gioco del “se fosse”- in due palazzi, uno rappresentante la percezione corretta e uno quella scorretta. Dal risultato di questo lavoro ci si aspettava la possibilità di raccogliere i molti punti di vista sul tema, in modo da poter costruire un nuovo linguaggio di comunicazione.

Obiettivo ampiamente raggiunto.- Ma come avete costruito la "città"?

Per quanto riguarda l’aspetto materiale e concreto usando come base un certo numero di scatole di cartone per bottiglie di vino, cannucce da cocktail, fogli di acetato trasparente, scotch e pennarelli. Per quanto riguarda la parte concettuale invece si è usato lo scambio di impressioni e informazioni fra appartenenti ad associazioni diverse nel tipo e nella geografia, molta creatività e tanta voglia di stare insieme e conoscersi reciprocamente.

- Perché costruire delle casette di carta per parlare di Cure Palliative?

È una delle tecniche più diffuse nel coaching e nel counseling, oltre che nella formazione esperienziale: fare domande aperte, dare stimoli diversi da quelli che ci si aspetterebbe, aiutando ad allargare la mente e cogliere quegli aspetti del problema che un questionario standard, formalmente legato all’ uso quotidiano di certe parole e formule, proprio perché standard difficilmente riuscirebbe a far vedere.Considerata la percentuale altissima di false credenze e cattiva informazione sul tema delle CP, direi che -restando nella metafora urbanistica- un tour operator che includesse, oltre alla canonica e doverosa visita dei santuari medico sanitari e delle metropoli universitarie, una visita a questa città, magari un po’ informale ed essenziale, fornirebbe un servizio estremamente importante ai suoi clienti.

Proprio il contrasto immediatamente percepibile fra tante “cattedrali della paura” (fake news) e la realtà della luce e dell’accoglienza delle “vere strutture” aperte e orientate alla persona e ai suoi caregivers (good news), probabilmente è un modello di comunicazione più utile di tante parole tecnico-markettare.

- Quanto bisogno c'è di visitare oggi questa città?

- In sintesi, quale è il risultato di questo workshop?

La consapevolezza che una struttura di comunicazione efficace e nuova nei suoi linguaggi è necessaria, e in buona parte ancora tutta da costruire.

Ma anche che FCP, lavorando tutti insieme e nella stessa direzione, è già sulla buona strada.